Eccolo, Mr. B., pronto a rispolverar in salsa "conflitto con i pm" - esemplare la lettera di Berlusconi ai suoi per compattare una maggioranza che sul tema si presenta frantumata come mai - per l'ennesima volta la questione del testamento biologico. Dopo mesi lasciato a fossilizzarsi in qualche cassetto di Montecitorio, riemerge il ddl sul fine vita sulla spinta dell'Udc alla Camera.
Lasciando stare una analisi attenta dei contenuti, su cui ci sarebbe ampiamente da discutere, a visto che riduce le volontà espresse nelle Dat (dichiarazioni di alleanza terapeutica - il documento dove dovranno essere segnalate la propria scelta sui trattamenti sanitari a cui si dovrà essere sottoposti in caso di perdita delle capacità) a semplice nota che verrà presa in considerazione dal medico curante, il quale dopo essersi premunito di annotare le motivazioni in cartella clinica per cui le seguirà o meno dovrà comunque sottostare al diktat per cui "non può prendere in considerazione indicazioni orientate a cagionare la morte del paziente", ciò che stupisce è come sotto ogni campagna elettorale o ogni qual volta uno scandalo personale compare nella vita del premier la questione riemerga.
Una questione estremamente delicata, personale, intima legata ad una difficile scelta dell'individuo, che comporta una serie di difficoltà notevoli, sia morali che etiche anche per chi decide di assistere e aiutare nel fine della vita un malato sofferente oltre l'immaginabile, ridotta a mero polverone mediatico da sollevare per semplice convenienza.
Non trovo parole, se non una per definire un comportamento simile: disumano.
il prossimo slogan dovrà esser: "Lasciatemi morire in pace, e non usatemi finchè son vivo"